Tutti siamo uno?

Ieri bombardata da brutte notizie mi sono rifugiata nella fisica quantistica, ho rivisto un documentario uscito qualche anno fa che si chiama “What the bleep do we know?” (Ma che bip sappiamo veramente?).

Il film è stato liquidato come una grande baggianata che mescola scienza e teorie astruse che non hanno nulla a che vedere con dati scientifici. L’inserimento di un intreccio secondario, peggiorato dalla recitazione poco credibile della protagonista che fa da cornice alla voce narrante, non gioca a suo favore.

La vita di una ragazza scontrosa e insoddisfatta dovrebbe fungere da specchio alle nostre stesse frustrazioni e paure. La ricostruzione storica purtroppo è un modello narrativo utilizzato in quasi tutti i documentari prodotti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Se si parla di Leonardo, bisogna per forza assistere alla messa in scena dei suoi esperimenti da parte di qualche clone, come se il déjà-vu rendesse più convincente la scoperta scientifica.

Superata la goffaggine derivata da un’eccessiva semplificazione del racconto è un documentario che riserva delle sorprese avvincenti. Si tratta di abbandonare vecchi pregiudizi per intraprendere un viaggio nel mondo dei potenziali elettroni, nell’oceano delle infinite possibilità. Dato che il nostro cervello non è in grado di distinguere l’esperienza di ciò che vede da ciò che ricorda, è possibile riprogrammare il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro. Se si parte dal presupposto che le nostre convinzioni creano la nostra realtà, si può anche procedere in direzione opposta, la realtà può essere costantemente modificata dai nostri pensieri. I modelli che ci prefiggiamo di raggiungere sono veramente nostri progetti di vita o sono proiezioni di quello che gli altri si aspettano da noi? Come si esce da determinati circoli viziosi che condizionano così tanto la nostra quotidianità? Se ci concentriamo su quello che veramente desideriamo al punto tale da perderci di vista, riusciamo a coincidere con un tipo di coscienza universale, un processo quantistico in cui tutti ritorniamo a essere uno.

In fondo è una visione non lontana dalle teorie sulla floriterapia di Edward Bach, che sosteneva che in ognuno di noi c’è una coscienza superiore, un “higher self” a cui dobbiamo riconnetterci. Sicuramente non un’impresa facile ma come diceva il fisico Niels Bohr “quando si arriva ad una contraddizione imbarazzante vuol dire che si sta per scoprire qualcosa.”

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