Ekaton o centone

Oggi il mio centesimo articolo è un omaggio al centone, il cosiddetto patchwork letterario. Originariamente in latino la parola indicava un panno composto di pezzi di stoffa differenti cuciti insieme.

Il tempo era così umido e nebbioso che il giorno faticava a mostrarsi; già a una decina di passi di distanza dalla strada ferrata, sia a destra che a sinistra, era difficile scorgere qualcosa dai finestrini del vagone. Tra i passeggeri ve n’erano alcuni che tornavano in patria dall’estero, ma i piú pieni di tutti erano gli scompartimenti di terza classe, affollati di gente abbastanza misera che viaggiava per le proprie faccende e non veniva da molto lontano. Tutti, com’è naturale, erano stanchi, infreddoliti, con gli occhi cerchiati per la notte passata in bianco, e i loro volti apparivano giallastri in quella luce filtrata dalla nebbia.


“Gli italiani generosissimi in tutto non sono generosi quando si tratta di pensare…Le parole non bastano e sdraiarsi nel comodo letto della vanità ciarliera è come farsi smidollare da una cupa e sonnolenta meretrice. Le “parole” sono ancelle d’una Circe bagasciona, e tramutano in bestia chi si lascia affascinare dal loro tintinnìo.” 

“Per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma un’idea reale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo: l’idea dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale…È sorto un piccolo regno di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale… un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unità mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!”

“I pazzi che leggono diventano insoddisfatti. Cominciano a desiderare di vivere in modi diversi, il che non è… mai possibile!”

“Non ho resistito e mi sono messo a scrivere questa storia dei miei primi passi nell’arena della vita, anche se avrei potuto farne a meno. Di certo so una cosa sola: non mi metterò mai più a scrivere la mia autobiografia, nemmeno dovessi campare cent’anni. Credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna con la possibilità di essere utile alle persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità.” 

“Una faccia può essere un giardino oppure un bosco oppure una terra desolata, dove non cresce niente. Io disegno solo i paesaggi che mi piacciono.”

“Credevo di essere atteso con chi sa quale ansia, e invece mi sbagliavo. Emma aspettava che qualche cosa accadesse. Per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia, della specie più brutta e fredda.”

L’altro lo guardò con aria diffidente.

“Un’altra canadese che non rivedrò più…e dire che di canadesi ne ho viste, e anche di giacche a vento, dette canadesi…”

“Già di questo parleremo poi…ora come ora ho tre domande da porti, e sono: primo, cosa pensi dei sogni; secondo, cosa pensi del linguaggio degli animali; terzo, cosa pensi della storia universale in generale e della storia universale in particolare. Son qui che ascolto.”

Il treno si fermò giusto in tempo.

P.S. Le citazioni sono tratte da Dostoevskij, Gadda, Bradbury, Tolstoj, J.C. McCandless, Marco Tullio Giordana, Flaubert, Céline, Queneau.

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