“Gradisce un whisky?”
“Solo un dito…”
“Non vuole prima un whisky?”
(Quattro delitti in allegria, Alain Berbérian)
È stata una settimana densa di avvenimenti, politici e non, spezzata da una Pasqua relativamente serena, confortata dalle inesauribili risorse della gastronomia che ha la straordinaria capacità di annullare la dimensione spazio-temporale: in cinque minuti si dimenticano con gusto ore di lavoro in cucina.
Il passaggio dall’”euforia” della festa a un giorno comune mi ha fatto ricordare una poesia di Corrado Govoni (1885-1965), citato spesso male in quasi tutte le antologie letterarie. Un autore anfibio che inizialmente aderisce al futurismo per poi “tradurre i fenomeni della realtà in un personale mondo fiabesco privato.”(1)
La sua opera racchiude un universo apparentemente agreste che però declina con affetto la percezione sinestetica provocata dal ricordo. La leziosità del titolo e la trita rievocazione del circo potrebbero trarre in inganno e invece lo sguardo cade su una gronda…o meglio la gronda nobilita gli stereotipi.
La trombettina
Ecco che cosa resta
di tutta la magia della fiera
quella trombettina
di latta azzurra e verde,
che suona una bambina
camminando, scalza, per i campi.
Ma, in quella nota sforzata,
ci son dentro i pagliacci bianchi e rossi,
c’è la banda d’oro rumoroso,
la giostra coi cavalli, l’organo, i lumini.
Come, nello sgocciolare della gronda,
c’è tutto lo spavento della bufera,
la bellezza dei lampi e dell’arcobaleno;
nell’umido cerino d’una lucciola
che si sfa su una foglia di brughiera
tutta la meraviglia della primavera.
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(1) La definizione è di Eugenio Montale.