Il mondo in un dettaglio

English: Portrait of Alexander Pope attributed...

Ritratto di Alexander Pope del pittore inglese Jonathan Richardson (1665-1745)

“Il suono deve sembrare un’eco del senso.”

Alexander Pope

Alessandro Papa (1688-1744), così come è stato tradotto in italiano dall’abate Antonio Conti Veneziano, viene quasi sempre ricordato in modo sommario per essere l’autore del poemetto satirico Il riccio rapito, ma ha una storia davvero sorprendente.

Figlio unico di genitori anziani di fede cattolica, in seguito alle restrizioni dei diritti civili che colpiscono i cattolici dopo il 1689, è un autodidatta, non può frequentare la scuola pubblica, né andare all’università, e così va a lezione dai preti. Impara le lingue da solo leggendo i libri nella biblioteca paterna “per divertirsi”, a dodici anni contrae una gravissima forma di tubercolosi ossea che lo rende un invalido, non cresce più di statura e diventa gobbo, e a questo punto il quadro si fa drammatico.

Diventa un letterato coltissimo, conversa con Dryden che considera il suo maestro, e dai venti ai trent’anni sperimenta per passione ogni genere poetico, scrive saggi e lettere, ispirandosi a Orazio e Boileau, partecipa a varie querelle letterarie. Colpisce la sua poliedricità, elabora una sua teoria sull’arte del giardinaggio, i cui fondamenti si basano su due criteri essenziali: “disseminare il terreno di contrasti, disporre abilmente le sorprese e occultare i confini.”[1] Si ispira a dei racconti persiani per scrivere delle fiabe, nel 1725 pubblica l’edizione completa dei drammi di Shakespeare, e l’anno dopo completa insieme a Broome e Fenton la traduzione dell’Odissea, che preferisce all’Iliade. Per tutta la vita continua a revisionare il suo epistolario nel tentativo di creare un autoritratto ideale.

Ogni volta che si nomina Il Riccio Rapito, non si può non ricordare l’esempio italiano de La Secchia Rapita di Alessandro Tassoni,[2] anche se il genere in Pope ha una leggerezza e un umorismo diverso.

L’idea di scrivere un poemetto in versi sul furto di un ricciolo, un episodio irrilevante ma all’epoca di gran moda, gli viene suggerito da un amico, John Caryll che a sua volta era stato il depositario di un pettegolezzo: un suo protetto – il settimo Lord Petre aveva tagliato di nascosto un ricciolo dalla chioma di Arabella Fermor. L’incidente aveva scatenato una lotta acerrima tra le famiglie e Caryll aveva pensato che Pope avrebbe potuto calmare le acque con un poemetto divertente. Quando però viene pubblicata la prima edizione nel 1712 in due canti, Arabella si offende ancora di più e suo zio, Sir George Browne si riconosce nella macchietta del personaggio di Sir Plume.

Pope decide allora di cambiare il racconto, aggiungendogli una struttura mitologica, altri tre canti, e sei illustrazioni di due artisti francesi, Louis Du Guernier e Claude Du Bosc. L’edizione riveduta e corretta del 1714 ha un successo strepitoso, vende più di tremila copie in quattro giorni, e continua a essere ristampata in varie versioni. Pope, che è un perfezionista, apporta di volta in volta delle varianti. Nel 1715 pubblica con il nom de plume di Esdras Barnivelt, A Key to the Lock, un’interpretazione politica del poemetto in cui si auspica che l’autore venga arrestato per propaganda antigovernativa.

Il Riccio Rapito così ricco di citazioni e riferimenti letterari è sicuramente un artificio raffinato, eppure il mondo immaginario che Pope tenta di spiegare nella dedica a Mrs Arabella Fermor fa quasi tenerezza per la sua ingenuità:

I Rosacrociani sono gente che vi farò conoscere. Il miglior resoconto su di loro, a me noto, si trova in un libro francese, Le Comte de Gabalis, per titolo e per mole assai simile a un romanzo, e infatti molte appartenenti al bel sesso lo hanno letto per errore. Secondo questi gentiluomini i quattro elementi sono abitati da spiriti, da essi chiamati silfi, gnomi, ninfe e salamandre. Gli gnomi, o demoni della terra, si dilettano di cattiverie, ma i silfi, abitanti dell’aria, sono le creature più amabili che si possano immaginare. Poiché, dicono, ogni mortale può conoscere con questi spiriti gentili le più intime familiarità, rispettando una condizione assai facile ai veri adepti, la preservazione inviolata della castità.[3]

Un argomento futile diventa il pretesto per parlare del corteggiamento uomo-donna, arricchendolo con trame parallele, mitiche, fiabesche, ludiche. L’odioso gnomo Umbrielo, “uno scuro malinconico spiritello”, è il responsabile del gesto definito ignobile ma di fatto innocuo, che consacrerà per sempre la fama di Belinda, l’alias letterario di Arabella, trasformando la sua chioma in una costellazione, proprio come la Chioma di Berenice.

La grandezza di questo piccolo uomo bambino invecchiato prematuramente, che si vestiva sempre di nero, e portava una parrucca argentata, sta proprio nell’interpretare con maestria l’arabesco nel dettaglio, rendendo l’effimero quasi sublime.


[1] Alexander Pope, Il Riccio Rapito, Introduzione, traduzione e note di Viola Papetti, Bur, Milano 1984, p. 10.

[2] Scritto nel 1614, ma pubblicato nel 1622, il poema parla del conflitto tra due città, Bologna e Modena ai tempi di Federico II e del suo alleato Ezzelino III da Romano. Il furto della secchia avvenne realmente ma in epoca successiva rispetto alla guerra tra le due città. Nel poemetto del Tassoni diventa l’elemento scatenante.

[3] Ibidem, p. 51.

 

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