Il Palazzo enciclopedico: Arsenale

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Ogni tanto la memoria mi fa brutti scherzi, ma non ricordo quali.

Rat-man

Sabato sono finalmente riuscita ad andare alla Biennale, solo la prima parte, l’Arsenale, meglio dividere la mostra in due giornate, la quantità di immagini e opere hanno bisogno di essere viste, apprezzate, criticate, dimenticate con adeguata calma. Inizio subito con le lamentele, il biglietto, 25 euro, anche se comprende due visite, in tempi di crisi come questi poteva costare meno, il catalogo, in vendita alla “modica” cifra di 85 euro è rimasto sugli scaffali della libreria, e la versione mini, era brutta con poche immagini, e quindi altrettanto inutile, i bagni, che invece diventano dei luoghi necessari che si è obbligati a visitare più volte durante la mostra sono degli autentici cessi, sporchi e privi di carta igienica, già alla mattina, segno di barbarie per noi visitatori trattati come automi senza diritti. Sul cibo si sa, ormai da anni, che ci si nutre fortunatamente di altro.

Veniamo al palazzo enciclopedico, ispirato da Auriti, nessuna pretesa di fare un elenco esaustivo, ma di nominare i lavori che mi hanno colpito o mi sono piaciuti di più. L’idea di presentare una sorta di Babele artistica, con voci dissonanti fra loro, in un’ipotetica enciclopedia architettonica virtuale è sicuramente stimolante. Molti lavori sono penalizzati da una cattiva esposizione, circondati da altri video che ne coprono in parte il suono. Mi riferisco a un lavoro assolutamente geniale, un video di Aurélien Froment, L’idea di Camillo, sul luogo come tempio della memoria. Ambientato nel Teatro Olimpico di Vicenza, un oratore spiega come certi stilemi architettonici diventano strumenti retorici per declamare un discorso a memoria, semplicemente guardando le sculture, gli intervalli tra le colonne, gli oggetti distribuiti tra le figure, dettagli incisi nella pietra innescano frasi da citare e veicolano flussi di pensiero. Magnifico.

Impossibile non notare le sculture degli uomini manichini dell’artista polacco Pawel Althamer, i visi erano impressionanti per somiglianza a modelli reali, e quei corpi, decomposti, pieni di bende, di tutte le taglie e forme, non potevano non evocare fantasmi, scheletri…

Il video di Ed Atkins, artista inglese, sulla incredibile collezione di arte di André Breton, merita di essere visto nonostante la coda di persone che affolla la sala.

Impossibile leggere in piedi la versione fumetto del Libro della Genesi di Robert Crumb, brillantemente illustrata in bianco e nero, solamente qualche briciola di tavola, come anticipa il cognome “crumb”.

L’artista più giovane presente in questa sezione è invece uno scultore giapponese, Shinichi Sawada, che soffre di una forma grave di autismo, realizza dei piccoli mostri in terracotta, che mescolano animali totem della mitologia giapponese con i suoi demoni personali, di rara bellezza.

Non poteva mancare l’artista visionario, il brasiliano Arthur Bispo do Rosário, un ex marinaio che si mise a realizzare opere ispirate da una voce divina, rinchiuso purtroppo in manicomio, con la possibilità di dedicarsi alla sua arte, enormi tele con formule, abiti cerimoniali, e sculture giocattolo, navi in miniatura, viaggi in altre dimensioni.

Al rientro, sosta nella chiesa di S. Giovanni in Bragora, entriamo, e la musica di Vivaldi ci commuove, guardiamo un busto in suo onore, e scopriamo che è stato battezzato proprio qui.

TO BE CONTINUED…

7 pensieri su “Il Palazzo enciclopedico: Arsenale

  1. Ci andai tanti anni fa (e qui mi rendo conto di quanto il tempo voli) forse era probabilmente più selettiva, o forse l’Arte vantava ancora dei resti di una scia di innovazione.
    Ho la sensazione che siamo difronte ad un epoca esausta.
    t.t.

    1. Ciao Tiziana,
      mi manca la seconda parte ai Giardini per avere una visione completa…ho notato un miglioramento rispetto agli scorsi anni, almeno nelle scelte degli artisti…vedremo…

      1. Bene, attendo la visita ai Giardini e poi considero magari di andare la prossima volta, così aggiorno il mio punto di vista.
        A presto t.t.

  2. In realtà la Biennale da diversi anni è un enorme carrozzone che si porta dentro di tutto di più! Forse il palazzo enciclopedico è proprio un enorme Babele dove le voci sono dissonanti e coperte tra loro. Ma a ben guardare ci sono cose che tolgono il fiato, perché anche in una Babele, la voce più bella è quella che emerge; c’è da armarsi di buona pazienza e buone scarpe e sopravvivere ai bagni che segnano più che una nota di demerito!
    Le installazioni sparse anche fuori dagli arsenali (tipo il padiglione delle Maldive che mi ha colpito moltissimo) però meritavano. Aspetto di leggere il tuo prosieguo…

    1. Sì certo, se si parla di Babele le voci per forza sono dissonanti, avrebbero potuto osare di più…intendevo dire che la collocazione conta perché funziona come una colonna sonora, come contano gli intervalli tra gli spazi…dovrei andare ai Giardini questa settimana, a presto e buona settimana Lois.

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