Zeugma: una fuga necessaria

Al Gianca

Nata vota, ebbene sì è arrivata l’ora di un’altra figura retorica, lo zeugma, non è la marca di marmellate che ci rifilavano tra i viveri dei piloti delle Frecce Tricolori, la dolcissima Zuegg, insieme a barre di cioccolato fondente amaro in un modo pazzesco, una sfida alla grammatica, un giogo che lega. “Parlar e lagrimar vedrai insieme”, dove? Nell’inferno di Dante ma non solo, in altre parole, un unico verbo per due idee, azioni, concetti, che invece avrebbero bisogno di due verbi. Un esempio classico, A Silvia di Leopardi, quando il topo di biblioteca si lascia andare ai ricordi:

d’in su i veroni del paterno ostello

porgea gli orecchi al suon della tua voce

ed alla man veloce

che percorrea la faticosa tela

(vv. 19-22)

Ma Silvia ha altro da fare e non sta nemmeno troppo bene.

La corrispondenza funziona in parte, non è mai appropriata, una parola è destinata ad adattarsi più dell’altra, si tratta di una convivenza poetica forzata, un’unione solo retorica, efficace su carta ma meno altrove.

Originariamente Zeugma era una città siriana, un ponte di barche sull’Eufrate che collegava due città, poi come succede nelle storie antiche, da città fiorenti diventano luoghi di sfacelo, di solito distrutti da qualche incendio o lotte acerrime tra tiranni, e anche Zeugma ha fatto una brutta fine, all’epoca delle Crociate era già una rovina.

Necessario un cambio di rotta pratico, “io vado a Las Palmas, Sempronio a casa.”

 

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