A caccia di chimere

Ma l’uomo, l’uomo orgoglioso, ammantato d’una breve autorità, sommamente ignorante di ciò di cui si crede più sicuro, nella sua essenza fragile, come uno scimmione collerico, compie tali trucchi fantastici, al cospetto dell’alto cielo, che gli angeli piangono.

William Shakespeare

Don Chisciotte nel cuore della notte mentre tutto il paese russa di gusto, è convinto di essere nei paraggi del Palazzo di Dulcinea, nel Toboso (Provincia di Toledo). Ferma un contadino assonnato che sta andando a lavorare nei campi, che non sa rispondere, Sancio riesce a convincerlo ad aspettarlo in un bosco ai confini della città, andrà lui a cercare il Palazzo della sua innamorata, ormai convinto di essere più folle del suo padrone nel volerlo seguire in questa sua impresa. A un certo punto vede tre contadine piuttosto in carne che avanzano sui loro asini, e decide che Dulcinea sarà per forza una di quelle, ovviamente accompagnata dalle sue damigelle d’onore, e decide di convincere Don Chisciotte a credere alla panzana che sta progettando. Torna da Don Chisciotte e gli racconta quello che lui vuole sentire, Dulcinea è lììììì!

Quando uno ti racconta balle, scatta quel meccanismo di autodifesa che ti fa dire: “non è che stai mentendo?”. E puntualmente arriva quel “nooo, ma che stai dicendo?” che vuol dire, “sì è una palla e lo sai anche tu, dai su”. E così Sancio rincara la dose, le contadine sono tutte vestite d’oro, coperte di gioielli e broccati finissimi, capelli sciolti al vento, lucenti come raggi di sole, il sogno si sta avverando.

Appena escono dal bosco, si intravedono tre contadine su tre asini.
Anche di fronte all’evidenza, la farsa di Sancio continua: “asini? ma ci vede bene? sono cavalli bianchi come la neve.” Si avvicina alla contadina, si inchina e gli presenta il suo cavaliere innamorato, Don Chisciotte. Seguono insulti – non si capisce come mai nella traduzione italiana, le contadine parlino una sorta di dialetto toscaneggiante visto che siamo in Spagna – le tre donne minacciano pure di prenderli a botte, lui e quel pazzo che si porta dietro, tanto per mettere le cose in chiaro. La presunta Dulcinea cade dal suo asino ma appena Don Chisciotte fa per aiutarla, la donna scatta con un balzo, afferra la sua bestia e scappa via, lasciando una scia d’aglio che gli “avvelena l’anima” – questa volta Don Chisciotte è preciso, seppure addolorato.

Dove sarà andata mai? Don Chisciotte continua a credere a quello che Sancio gli racconta, le damigelle bellissime sono state trasformate da incantatori invidiosi. C’è però un dettaglio che non lo convince, come era la sella? Sancio non ha esitazioni, era una sella araba, riccamente decorata, “strano che non l’abbia vista” – aggiunge giusto per farlo sentire ancora più a disagio, incapace di vedere le cose come stanno. Don Chisciotte, sconsolato, decide che forse è meglio cambiare aria, direzione Saragozza, accompagnato sempre dal suo inaffidabile scudiero, perché mettere limiti all’autoinganno?

 

 

 

 

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