#Gulliver #IVpuntata

Il 20 giugno del 1702 Gulliver parte fiducioso con il Capitano John Nicholas, destinazione Surat. Tutto sembra procedere liscio fino a Capo di Buona Speranza, la nave ha una perdita e si deve fermare per riparazioni necessarie, si rimane lì fino a marzo per poi riprendere la rotta verso il Madagascar, le raffiche di vento si fanno sempre più forti, l’Avventura deve attraversare una tempesta, la terra viene agognata ardentemente.

Il 16 giugno del 1703 un mozzo avvista finalmente qualcosa, il Capitano decide di mandare in perlustrazione alcuni uomini in scialuppa e Gulliver si aggrega al gruppo. Il posto è talmente arido e roccioso che si decide di ritornare indietro alla nave ma c’è un imprevisto, un mostro affiora dall’acqua e il rientro rimandato a data da destinarsi. Gulliver si mette a correre veloce più che più, sale in cima a una collina e vede campi coltivati, coperti di erba altissima, cammina in mezzo a un raccolto di orzo e quando arriva alla scaletta per superare lo steccato scopre che per arrivare al gradino bisogna saltare quasi un metro, mentre il gradino superiore è a più di tre metri di altezza. Dietro di lui sta avanzando un gigante alto quanto il mostro incontrato nel tragitto verso la nave. Non è solo, è seguito da altre sette mostri in tenuta di lavoro nei campi, non parlano tra loro, urlano fonemi potenti come tuoni. Gulliver si nasconde tra gli steli d’erba, questa volta il lillipuziano è lui, sente su di sé tutta la paura dell’impotenza quando vede il piede di un gigante avanzare verso di lui, con il terrore di finire schiacciato come un verme, comincia a urlare a squarciagola, il mostro lo scruta con interessa, lo afferra tra il pollice e l’indice lasciandolo penzolare davanti agli occhi. Gulliver cerca di esprimersi come può in un tono supplichevole al punto che il mostro si incuriosisce di fronte a questo strano essere alieno. Intanto gli fa capire che lo sta schiacciando un po’ troppo, allora il mostro rallenta la presa e lo appoggia sul suo mantello, gli soffia sul viso per sistemargli i capelli spettinati e lo mette a terra. Non può fuggire, Gulliver è circondato, si toglie il cappello e si inchina per salutarlo, tira fuori dalla sua borsa una moneta d’oro e gliela porge. Il gigante la prende in mano ma non sa che farsene, Gulliver svuota tutto il contenuto della borsa ma il gigante gli fa cenno di rimettere tutto a posto. Non si comprendono, il gigante urla parole sconosciute, Gulliver parla un miscuglio di lingue aliene urlando a sua volta, alla fine il gigante tira fuori dalle tasche un fazzoletto, lo posa a terra e invita Gulliver a salirci sopra, chiude i lembi e se lo mette in testa, direzione famiglia del gigante. La moglie appena lo vede urla come se avesse davanti un ragno o un rospo, non avendo mai visto una simile creatura. Nel frattempo viene servito il pranzo, una montagna di carne condivisa dal gigante, la moglie, tre bambini e il nonno, a Gulliver viene dato un mucchietto di carne macinata con pezzi di pane, il bicchiere è enorme, Gulliver riesce a malapena a tenerlo in mano, non è acqua, ha il sapore del sidro. Viene invitato a sedersi vicino alla panca del gigante ma inciampa su una briciola e cade a terra, il bambino lo solleva e lo fa sedere sulle sue gambe, Gulliver è terrorizzato di fare una brutta fine quando sente la gatta di casa zompare a sorpresa sul grembo del gigante. Decide di fare finta di nulla, la strategia sembra funzionare fino a che entra nella stanza una balia con un neonato che urla come un’aquila che appena lo vede, lo afferra tra le mani e se lo infila in bocca come un ciuccio, lo salva la madre che lo strappa al neonato mentre Gulliver teme per la testa e il collo. Le sorprese non finiscono qui, scioccato dal seno enorme della balia, una mammella gigante bianchissima, Gulliver, esausto, viene messo a letto, coperto da un piccolo fazzoletto. Nel sogno sogna la moglie e i suoi figli, il risveglio è ancora più scioccante, solo, in un letto gigante in una famiglia di giganti. Deve andare in bagno ma non sa come scendere fino a che incrocia lo sguardo inquietante di due topi, è guerra aperta, riesce ad ammazzarne uno. La padrona di casa lo trova sul letto ricoperto di sangue, Gulliver ovviamente indica con sguardo colpevole il topo morto. Gulliver viene accudito dalla figlia della padrona di casa, che a nove anni cuce da dio e gli prepara sette camicie, lo veste e gli insegna la lingua del posto. Gulliver indica un oggetto e la bambina risponde con il nome proprio. Gulliver ora si chiama Grildrig, che nella lingua autoctnona significa piccolo uomo, lui la battezza come Glumdalclitch, balietta.

L’idillio dura poco, viene deciso di portare Grildrig al mercato come animale da circo. La bambina gigante ha la premura di avvertirlo ma nulla può fare per impedire che il suo Grildrig venga portato via da casa in una scatola foderata con una piccola trapunta che ha cucito per lui. Da subito il gigante contadino si rende conto che può guadagnare ancora di più, decide quindi di partire per la grande città, il 17 Agosto del 1703, a tremila miglia di distanza. Grildrig fortunatamente è in grado di capire cosa gli chiedono. La sua statura incuriosisce il Re e la Regina che non hanno mai visto nulla di simile. Studiano il caso Gulliver e giungono alla conclusione che si tratta di uno scherzo della natura. Gulliver invece rassicura che nel suo paese sono tutti come lui, il Re allora decide di tenerlo a corte con sé in compagnia della ragazzina con cui ha stabilito un ottimo rapporto, come camera da letto una scatola di legno reale. La Regina si affeziona così tanto al piccolo uomo che lo vuole ogni sera a cena, e i mercoledì, giornate di festa, viene invitato a intrattenerla sullo scibile umano. La faccenda si fa seria quando gli viene chiesto se è un Tory o un Whig. Gulliver tergiversa, il nano di corte si ingelosisce e comincia a fargli un sacco di dispetti. Il vero problema sono le mosche che infestano il regno, Gulliver non ne può più di schivare escrementi di mosche che i giganti non vedono mentre per lui è una battaglia persa, mosche grandi come fagiani – riuscirà a portare via con sé quattro bestie rare, tre verranno date come trofeo da custodire al Gresham College, una volta tornato a Londra, una la tiene per ricordo.

La capitale Lorbrulgrud sorge su una penisola protetta da montagne, circondata dall’Oceano su tre lati. Non ci sono porti, il mare è sempre tempestoso, ogni tanto vanno a caccia di balene. Ci sono 51 città e molti villaggi, la capitale è attraversata da un fiume, circa 80000 case, la strada che costeggia il mercato è piena di mendicanti in condizioni misere e disagiate. La Regina gli ha fatto costruire una piccola scatola da viaggio con una finestrina da cui può vedere il paese mentre viene trasportato in carrozza e trattato con rispetto.

Grildrig sarebbe anche felice di rimanere nel paese dei giganti, ma per lui ogni cosa diventa un’insidia, il nano di corte fa del suo meglio per rendergli la vita impossibile, può essere inghiottito da un cane, tramortito da un frutto che cade da un albero, non ha pace. Ha la sfortuna di assistere a un’esecuzione, il taglio della testa in diretta per un assassino, uno spettacolo terribile. Diventa sempre più malinconico, la Regina tenta di distrarlo facendogli raccontare dei suoi viaggi in mare ma si rende conto che è arrivato il momento di fargli costruire una barca in modo che si possa allenare a navigare di nuovo. Una scimmia lo mette nei guai infilandogli in bocca pezzi di cibo non identificati, salvato nuovamente dalla piccola balia gigante. Faticoso essere il nuovo giullare di corte. Nessuno sembra preoccuparsi troppo della sua presenza, nessun pudore di fronte a lui, si spogliano senza remore, Gulliver osserva con un certo disgusto masse di carne cascanti, inquietamente candide.

TO BE CONTINUED..

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