Asini d’oro

Può ben dire la sua un leone, quando a dir la loro ci sono tanti asini in giro.

Demetrio: atto V, scena I, Sogno di una notte di mezza estate, Guglielmo Scuotilancia

Questi sono giorni di ricordi…e allora mi è venuta in mente una frase che citava sempre la mia padrona di casa inglese, Mrs Record, un cognome fantastico:

“You can lead a horse to water but you can’t make it drink” (puoi portare un cavallo all’acqua ma non puoi fargliela bere)

Il classico sforzo inutile, con una variante in più: c’è la pretesa di sentirsi utili per qualcuno. Ed è evidente che è un atto compensatorio, si ama come si vorrebbe essere amati, su questo non ho dubbi.

Se invece ti ritrovi un cavallo testardo come un asino, un misto di fierezza e fragilità – che poi sono due facce della stessa medaglia – che non solo non ti ascolta, ma ti mette in un mare di guai, meglio lasciare perdere.

Nella fiction le cose vanno diversamente. Gli asini letterari sono quasi sempre ritratti come animali scherzosi che fanno ridere: l’Asino d’oro (chiamato così perché curiosissimo e intelligente e quindi prezioso come l’oro) o Metamorfosi di Apuleio, Sogno di una notte di mezza estate, dove il tessitore Bottom, letteralmente “fondo”, che dovrebbe interpretare la parte di Piramo innamorato di Tisbe, durante le prove dello spettacolo organizzato dalla compagnia degli artigiani, per colpa di un incantesimo del folletto Puck, il simpatico Robin Goodfellow, entra in scena con una testa d’asino*, gli amici scappano impauriti e lo lasciano da solo nel bosco. Bottom, che ancora non si è reso conto della sua metamorfosi, si mette a cantare, svegliando la Regina delle Fate, e qui si apre un mondo…

Una volta subita l’umiliazione di ritrovarsi degradati alla condizione bestiale, quando si è toccato il fondo, non si può che risalire. Nell’apparente involuzione c’è già un’evoluzione in atto pronta ad accoglierti, cambiare stato per riappropriarti di un’identità rinnovata. E allora anche l’abbandono forzato di un contesto che non ti appartiene più, assume una connotazione nuova, è stata legittima difesa, come nella fuga memorabile di Antoine Doinel, ne I Quattrocento Colpi – titolo che in italiano non ha molto senso, è una traduzione letterale di un’espressione francese che significa “fare il diavolo a quattro”, forse un po’ anni ’50 adesso ma che rende l’idea – che racconta l’infanzia di Truffaut, una vita di inferno a scuola, trattato come un asino, incompreso dai genitori ottusi, in un lampo di genio, fa l’unica cosa possibile, scappa verso il mare…

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* Per chi volesse rivedere la scena, segnalo su youtube una versione della commedia con Judi Dench nella parte di Titania, regina delle fate, che si innamora dell’asino-Bottom per un filtro d’amore…versione del 1968 di Peter Hall.

 

7 pensieri su “Asini d’oro

  1. ,,,puoi portare un cavallo all’ acqua ma non puoi fargliela bere)…
    quanto è vera!

    ..chissà quand’ è che risaliremo…o ancora dobbiam toccare il fondo.
    Esiste il fondo?
    >_<

    buona giornata
    .marta

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