Letture antiche

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Nell’ultimo scaffale della libreria, vicino a dei vecchi cataloghi di architettura, ho trovato un mucchietto di libri, cimeli di famiglia, in condizioni pessime, ma dai titoli imperdibili…così, con la santa pazienza, che non è proprio una mia caratteristica, approfittando di una giornata di sole, mi sono messa a spazzolarli uno ad uno, come se fossero animali selvatici bisognosi di cure. C’era un po’ di tutto, un trattato breve sullo strabismo di Venere, redatto da un professore oftalmologo, diviso in due piccole dispense, piene di citazioni letterarie, secondo la sentenza finale dell’oculista esperto, lo sguardo di Venere, che i Greci definivano “dolce come il miele”, era tenero, languido e fluttuante come una persona innamorata dagli occhi sognanti, ma secondo il Prof. Giuseppe Ovio (con una vi) lo strabismo era da escludersi, a seguire un manualetto di Bernardino da Udine, più che altro attirata dal sottotitolo, “il Dante Alighieri della barzelletta”, chiaramente immeritato, qualche classico latino e greco – con grande gioia anche un’edizione antica delle Odi di Pindaro – e poi dato che era un librettino con una copertina insolita, sono passata al racconto storico ambientato a Venezia nel 1507, Il fornaretto di Venezia, di Arduino Cianchi:

…Cielo esclamò inorridito, è un assassino!…e tutto tremante per lo spavento, fissando con più attenzione il volto dell’ucciso: Messer Luigi Guoro!…gridò con orrore; Dio!…chi mai avrà compiuto sì grande delitto?

Non si poteva ignorare, l’italiano ammetto è a tratti avvilente, scritto nel 1884, lo stile ricade nell’arcaico ridondante, moltissimi “meco”, le donne sono tutte leggiadre, il tema è un caso storico di malagiustizia non documentato: la condanna a morte di un innocente. La trama riprende in parallelo le vite di quattro coppie che si intrecciano tra loro: la nobildonna Elena Mauroceno sposata all’infedele Lorenzo Loredano che a sua volta ama Sofia, Messer Luigi Guoro, un individuo dal passato losco che si è macchiato di un crimine tremendo, ha violentato una giovane popolana, Laurina, promessa sposa di Anselmo, e ora il fidanzato e il padre vogliono vendicarsi, e la tenera storia d’amore tra Nella, serva di Elena, con Pietro il fornaio.

Messer Luigi Guoro ha nel frattempo messo gli occhi su Elena Mauroceno, per convincerla a cedere alla sua corte, le consegna una lettera che una vecchia megera simpaticamente nota come “moglie del diavolo” ha intercettato per suo conto e che svela il tradimento palese del marito:

Adorata Sofia,

Per il bene e l’amore che ti porto, ti avviso che madonna Elena, mia moglie, – come se ci fosse bisogno di precisarlo – è venuta in sospetto di qualche cosa, stiamo dunque in guardia, massima, questa sera mentre avrà luogo il ballo, perché credo che vi sia qualcuno fra gli invitati, che gli preme di spiarci.

Addio, amami come io amo te.

Tuo per sempre, L.L.[1]

Ed Elena a quel punto non può che arrendersi alla realtà dei fatti. Luigi Guoro, non sa però che anche per lui si prepara una fine certa, il padre di Laurina e Anselmo sono pronti a farsi giustizia da sé, una sera quando sta per rientrare a casa, Anselmo sbuca da un vicolo e lo pugnala a morte.

Il mattino dopo Pietro per andare a trovare la fidanzata Nella sfortunatamente passa per le stesse calli, trova per terra la guaina di un pugnale e commette l’errore di raccoglierla, pochi metri più in là scopre accasciato a terra il corpo di Guoro. Nessuno crede alla sua versione, viene immediatamente incarcerato, e condannato a morte, nonostante proclami inascoltato la sua innocenza. La testimonianza di Laurina, ormai moribonda per la sofferenza causata dall’abbandono di Anselmo, confermerà a esecuzione avvenuta la totale estraneità al reato del Fornaretto. Da quel giorno in poi, sino alla caduta della repubblica, il 12 Marzo 1797, ogni condannato a morte chiedeva la clemenza dei giudici con la frase: “Eccellenze lei se ricordi del Povero Forner.”

Come diceva Montesquieu “giustizia ritardata, è giustizia negata”.


[1] p. 61, Il Fornaretto di Venezia, Arduino Cianchi, III edizione, Antonio Vicenzi, Bassano.

5 pensieri su “Letture antiche

  1. Buongiorno Carla….affascinante ritrovare libri e libricini mentre si da una bella rinfrescata alla libreria…io impiego più del tempo proprio perchè li riapro ne leggo alcune righe e li ripongo più in vista per leggerli…
    Hai notato? i libri più sono piccolini e più attirano la nostra attenzione…
    Questo che hai “trovato” è una preziosità…proprio!

    buon inizio settimana
    .marta

    PS: a quanto pare ogni epoca ha i suoi “problemini” sentimentali, diciamo.. 😉

    1. buona settimana anche a te Marta :)…sì, alla fine le trame ruotano sempre a questioni di cuore, qui però è andata non male, malissimo per il povero fornaretto…

  2. Per quanto precari e “vecchi” i libri conservano il loro fascino e la peculiarità del tempo in cui sono nati. Mi sono ritrovato in casa tra alcuni “cimeli” familiari una guida alla città degli anni Quaranta, a leggerla non si può non evocare tutta quella prosopopea che distinse (nel bene e nel male) gli anni del regime. Sono tranche-de-vie da un mondo trascorso con un’anima che si espande senza spazio ne tempo.

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