Mobbing Dick

Chi prova di più le gioie del sesso, l’uomo o la donna? Quando Era per risolvere la disputa con Zeus lo chiese all’indovino Tiresia – che aveva avuto il privilegio di vivere nel corpo di una donna per sette anni – la risposta fu immediata: la donna. Era gli cavò gli occhi, così giusto per mettere le cose in chiaro. Un atto di supremazia o un gesto di invidia per aver saputo vedere le cose meglio di altri?

Del resto le divinità greche non sono mai state immuni da comuni, per quanto spiacevoli, meschinità umane. Che un invidioso ti dia consigli su come comportarsi con altri invidiosi è una bella contraddizione, ma c’è chi insiste da anni a essere al posto tuo, vuole proprio starci, un alter ego grottesco come uno specchio deformante.

Quando Odisseo, scende agli Inferi e interroga l’ombra dell’indovino tebano sul proprio destino – tra i nemici il potentissimo Poseidone, che si vuole vendicare dell’accecamento del figlio Polifemo – il viaggio in mare non sarà una traversata semplice, ci saranno molti ostacoli, ma nell’oracolo c’è già la possibilità di dare una svolta al proprio destino:

«Cerchi il ritorno dolcezza di miele, splendido Odisseo,
ma faticoso lo farà un nume; non credo
che sfuggirai all’Ennosígeo, tant’odio s’è messo nel cuore,
irato perché il figlio suo gli accecasti;
ma anche così, pur soffrendo dolori, potrete arrivare,
se vuoi frenare il tuo cuore e quello dei tuoi,
quando avvicinerai la solida nave
all’isola Trinachía, scampato dal mare viola,
e pascolanti là troverete le vacche e le floride greggi
del Sole, che tutto vede e tutto ascolta dall’alto.
Se intatte le lascerai, se penserai al ritorno,
in Itaca, pur soffrendo dolori, potrete arrivare:
ma se le rapisci allora t’annuncio la fine
per la nave e i compagni. Quanto a te, se ti salvi,
tardi e male tornerai, perduti tutti i compagni,
su nave altrui, troverai pene in casa,
uomini tracotanti, che le ricchezze ti mangiano,
facendo la corte alla sposa divina e offrendole doni di nozze
Ma la loro violenza punirai, ritornato.
E quando i pretendenti nel tuo palazzo avrai spento,
o con l’inganno, o apertamente col bronzo affilato,
allora parti, prendendo il maneggevole remo,
finché a genti tu arrivi che non conoscono il mare,
non mangiano cibi conditi con sale,
non sanno le navi dalle guance di minio,
né i maneggevoli remi che son ali alle navi.
E il segno ti dirò, chiarissimo: non può sfuggirti.
Quando, incontrandoti, un altro viatore ti dica
che il ventilabro tu reggi sulla nobile spalla,
allora, in terra piantato il maneggevole remo,
offerti bei sacrifici a Poseidone sovrano
– ariete, toro e verro marito di scrofe –
torna a casa e celebra sacre ecatombi
ai numi immortali che il cielo vasto possiedono,
a tutti per ordine. Morte dal mare
ti verrà, molto dolce, a ucciderti vinto
da una serena vecchiezza. Intorno a te popoli
beati saranno. Questo con verità ti predico».

 

Il racconto del mito ancora una volta ci viene incontro per riportarci a casa, è il progetto di quello che abbiamo deciso che sarà di noi a levarci da brutte acque, la speranza diventa un sogno a occhi aperti.

§

*Omero, Odissea, libro XI, vv. 100-137, versione di Rosa Calzecchi Onesti, Torino, Einaudi, 2005.

 

 

 

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