Fatica d’amore, tristezza
tu chiami una vita
che dentro, profonda, ha nomi
di cieli e giardini.
E fosse mia carne
che dono di male trasforma.
Salvatore Quasimodo
Che Eracle fosse un temerario si capisce già dall’inizio nel mito, quando nella culla strangola due serpenti mandati da Era – questa volta Zeus era stato più astuto del solito, quando aveva capito che non avrebbe potuto sedurre Alcmena sotto altre sembianze, aveva direttamente preso l’aspetto del marito Anfitrione, scatenando per l’ennesima volta l’ira di Era.
Con il crescere degli anni, la forza di Eracle aumenta, non riuscendo a impararare a suonare la lira, dopo aver ricevuto i rimproveri del maestro di musica Lino, lo uccide per sbaglio scagliandogli addosso l’odiato strumento.
Il paziente Anfitrione, rassegnato ormai alla incontrollata irruenza del figlio, lo porta a vivere tra i monti a sorvegliare le greggi…qui rimane fino a diciott’anni, sostenuto dai consigli del maestro Chirone, diventa un bravo guerriero, sempre ligio al dovere, la sete di avventura ancora una volta chiama ed Eracle partecipa alla spedizione degli Argonauti.
Al suo rientro si sposa con Megara e passa un periodo sereno in famiglia con i suoi figli – il numero varia a seconda delle fonti, 3, 8…nel corso della vita 70.
Tutto sembra procedere per il meglio fino a che preso da un attacco di ira cieca – anch’essa ad opera di Era – uccide l’adorata moglie e i figli. Perseguitato dal rimorso, decide di ritirarsi a vivere per sempre da solo, ma il cugino Teseo lo convince a purificarsi e ad andare a consultare l’oracolo di Delfi.
Il responso non è dei migliori, per espiare le sue colpe, dovrà compiere dodici imprese impossibili che non lasciano tregua:
- uccidere il leone di Nimea, una bestia terribile,
- uccidere l’idra di Lerna, un mostro a nove teste,
- catturare il cinghiale di Erimanto,
- catturare la cerva di Cerinea, dalle corna d’oro, sacra ad Artemide
- scacciare via gli uccelli dal lago Stinfalo, predatori dei raccolti,
- ripulire in un giorno le stalle di Augia – non venivano pulite da 30 anni,
- catturare il toro di Creta,
- rapire le cavalle di Diomede – si nutrivano di carne umana,
- prendere la cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni,
- rapire i buoi di Gerione,
- rubare le mele d’oro nel giardino delle Esperidi,
- portare Cerbero, il mostro a tre teste degli Inferi, “vivo” a Micene.
Euripide gli dedica una tragedia breve, che non brilla per particolare lirismo, incentrata sulla solitudine di un eroe tormentato dai sensi di colpa, che però ha il sostegno dell’amico e fidato cugino Teseo che lo incita a non abbondanarsi alla disperazione più nera.
In altri frammenti di vita ad Eracle il destino riserva ulteriori sorprese, numerosi amanti uomini e una seconda moglie che incontra per un altro motivo/scusa, riportarle un messaggio dagli Inferi del fratello.
Deianira è bellissima ed Eracle se ne innamora. Mentre stanno per attraversare il fiume Eveno, Deianira subisce un tentativo di molestia dal centauro Nesso, Eracle interviene. Il centauro viene ammazzato anche se ha il tempo di fare ulteriore danno, in punto di morte confida alla principessa che se bagna la tunica del suo sposo nel suo sangue avrà un filtro potentissimo d’amore e terrà per sempre Eracle al suo fianco.
Tutto ovviamente falso, la tragedia ancora una volta è in agguato, e sull’Olimpo i mostri saranno ricordo.