Non vedo l’ora che arrivi Natale, prima di tutto perché manca poco alla fine del 2013 e poi perché nei fatidici giorni di festa ci si prepara all’anno che verrà, almeno si prova, per aprirsi a nuove esperienze più gratificanti.
Le emozioni invece di queste ultime settimane di Dicembre sono intense, a tratti con quella nostalgia tipica del fado, un canto che mi commuove sempre, e che Amália Rodrigues ha descritto con una precisione illuminante: “il fado non è né allegro, né triste, è la stanchezza dell’anima forte, l’occhiata di disprezzo del Portogallo a quel Dio a cui ha creduto e che poi l’ha abbandonato, nel fado gli dei ritornano legittimi e lontani.”
Il legame con un lontano indefinito ritorna anche in un libro soprannaturale di Fernando Pessoa, Il Marinaio[1], dramma statico in un quadro che rispetta le tre unità aristoteliche di luogo, spazio e azione, e che racconta la storia di tre donne che vegliano la bara di una giovane donna, chiuse in una stanza circolare in un castello antico, dalla finestra si vede soltanto un tratto di mare tra due monti. Le vegliatrici vivono una sola notte, perché sono le protagoniste di un sogno, per farsi compagnia e sentirsi “vive” si raccontano il sogno di un marinaio che, naufrago su un’isola deserta, si mette a sognare un passato e una patria che non ha mai avuto, non sapremo mai come sarà il suo futuro perché il sogno rimane inconcluso o forse continua altrove…Una finzione nella finzione nella finzione. Questa volta il decifratore di sciarade non risolve il mistero, ma il sospetto che le donne siano dei fantasmi è forte e chiaro.
In tempi più recenti una giovane interprete del fado, Carminho, rivisita un altro classico, l’amore per un marinaio in viaggio verso nuove avventure, e un nuovo sogno prende vita.
[1] Traduzione di Antonio Tabucchi, Einaudi, Torino, 1988.
Buone feste
un abbraccio
cri
Grazie Cri 🙂
Buone Feste anche a te, stavo proprio scrivendo il post per lunedì, la telepatia funziona, un abbraccio da Venezia, Carla