A Garfield
Finalmente un film che interpreta in modo intelligente il senso di impotenza e i conflitti di un’età in divenire. L’impresa quasi impossibile non deve essere stata facile da realizzare, 12 anni nella vita di una famiglia di genitori separati – girato dal regista Richard Linklater dal 2002 al 2013 – in cui i piccoli protagonisti crescono, dalla fase del baffo pazzo e delle tempeste ormonali ai confini dei teens, quando con finta spavalderia si affronta la scelta dell’università per affondare in un mare di incognite. I genitori sono Patricia Arquette, immortale interprete di Medium, e Ethan Hawke nel ruolo del padre sensibile ma economicamente inaffidabile secondo i parametri americani dove se non fai soldi sei un fallito. Mason Evans junior insieme alla sorella Samantha subiscono le unioni disastrose della madre che pur essendo una persona colta, preparata e determinata che ha saputo crescere i figli da sola prendendosi un’ulteriore specializzazione in psicologia, finisce sempre nella morsa di uomini violenti e sadici, i controllori compulsivi, cambia partner ma lo schema si ripete uguale e inesorabile, come se lei stessa non credesse abbastanza nelle sua qualità, confonde il bisogno di protezione con la certezza di una disciplina ordinata, pensando che quella finta e apparente affidabilità di un uomo con un posto sicuro possa dare stabilità alla sua famiglia e alla fine la schiaccia e la mortifica come una camicia troppo stretta dove i bottoni stanno per esplodere. Il padre, roso dai sensi di colpa per non essere stato un buon marito, si sforza di essere un buon genitore, procedendo per tentativi, a volte disastrosi, in cui cerca di trasmettere ai suoi figli l’amore per la musica, è un musicista che sbarca il lunario cambiando spesso città e mestieri, si risposa con una donna adorante figlia di un predicatore con la pistola accanto alla Bibbia, la categoria di quelli che puniscono in nome di Dio, quelli che parlano per sentenze perché teleguidati dalla Verità. E invece dove è la verità?
Sicuramente dove meno ce l’aspettiamo, negli occhi disarmanti di Mason che osserva e prende appunti con le sue fotografie, nel viso luminoso e intenso di Patricia Arquette che sogna altri orizzonti, nelle battute acide della figlia secchiona cresciuta troppo in fretta, nei dialoghi tra sordi, di chi parla e non si ascolta. Eppure nel commento silenzioso delle inquadrature si continuano a intravedere altri destini, così, all’improvviso, mentre fissiamo con meraviglia un tramonto infuocato tra le rocce, Nicole, la nuova compagna di studi all’università, solleva ogni dubbio: “ci parlano sempre di cogliere l’attimo e se fosse l’attimo a cogliere noi?”
finalmente!