Pausa pranzo con Frank O’Hara

Le poesie sono cristalli che sedimentano dopo l’effervescente contatto dello spirito con la realtà.

Pierre Reverdy

Questo lunedì afoso una pausa pranzo con Frank O’Hara (1926-1966), poeta, scrittore, critico cinematografico americano, bravissimo pianista, esperto di jazz, morto prematuramente a soli quarant’anni.

“A Step away from them”, è una poesia en plein air, scritta nel 1956, un quadro vibrante di vita e di luci, scorci di pensiero che attraversano e si perdono nella città, assenze che ritornano a essere presenze.

Distante un passo da loro

È l’ora di pranzo, così me ne vado

a camminare tra taxi colorati ronzanti.

Prima, lungo il marciapiede

dove gli operai nutrono i loro torsi

lucidi e sporchi con panini

e Coca-Cola, con in testa i loro caschi

gialli. Li proteggono dai mattoni in caso di caduta,

immagino. Poi sull’Avenue dove le gonne scattano

sui tacchi e si gonfiano sulle inferriate.

Il sole scotta, ma i taxi

agitano l’aria. Guardo

gli affari in saldo negli orologi a polso. Ci sono

gatti che giocano nella segatura. Continuo fino

Times Square, dove l’insegna

soffia fumo sulla mia testa, e più in alto

la cascata di luci cade leggera.

Un nero sosta davanti a un ingresso

con uno stuzzicadenti in bocca, muovendolo languidamente

una ballerina di fila bionda abbocca: lui

sorride e si gratta il mento. Improvvisamente

tutto comincia a suonare: sono le 12 e 40 di

un giovedì. La luce al neon di giorno è

un piacere immenso, come scriveva Edwin Denby,

visto che ci sono lampadine accese di giorno.

Mi fermo per un cheeseburger al JULIET’S

CORNER. Giulietta Masina, moglie di

Federico Fellini, e bell’attrice,

e un cioccolato al malto. Una signora

tutta volpi in un giorno così mette il suo barboncino

nel taxi. Ci sono parecchi Portoricani

sull’Avenue oggi, rendendola bella e calda. Prima

è morta Bunny[1], poi John Latouche[2],

poi Jackson Pollock. Ma è piena la terra

di vita, quanto lo era di loro?

Uno ha mangiato, un altro cammina,

supera le riviste con le donne nude

e i poster con la CORRIDA e

l’edificio della Manhattan Storage Warehouse,

che presto butteranno giù. Mi viene in mente

che lì c’era l’Armory Show. Un bicchiere di succo di papaya

e ritorno al lavoro. Ho il cuore in

tasca, sono le Poesie di Pierre Reverdy.

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[1] Violet “Bunny” Lang (1924-1956), attrice, scrittrice e poetessa, attiva nella scena newyorkese degli anni Quaranta e Cinquanta.

[2] John Latouche (1914-1956), musicista, scrittore e librettista.

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A Step Away From Them

It’s my lunch hour, so I go

for a walk among the hum-colored

cabs. First, down the sidewalk

where laborers feed their dirty

glistening torsos sandwiches

and Coca-Cola, with yellow helmets

on. They protect them from falling

bricks, I guess. Then onto the

avenue where skirts are flipping

above heels and blow up over

grates. The sun is hot, but the

cabs stir up the air. I look

at bargains in wristwatches. There

are cats playing in sawdust.On

to Times Square, where the sign

blows smoke over my head, and higher

the waterfall pours lightly. A

Negro stands in a doorway with a

toothpick, languorously agitating

A blonde chorus girl clicks: he

smiles and rubs his chin. Everything

suddenly honks: it is 12:40 of

a Thursday. Neon in daylight is a

great pleasure, as Edwin Denby would

write, as are light bulbs in daylight.

I stop for a cheeseburger at JULIET’S

CORNER. Giulietta Maina, wife of

Federico Fellini, e bell’attrice.

And chocolate malted. A lady in

foxes on such a day puts her poodle

in a cab.There are several Puerto

Ricans on the avenue today, which

makes it beautiful and warm. First

Bunny died, then John Latouche,

then Jackson Pollock. But is the

earth as full of life was full, of them?

And one has eaten and one walks,

past the magazines with nudes

and the posters for BULLFIGHT and

the Manhattan Storage Warehouse,

which they’ll soon tear down. I

used to think they had the Armory

Show there. A glass of papaya juice

and back to work. My heart is in my

pocket, it is Poems by Pierre Reverdy.

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