Parco è una parola grossa, area verde urbana con erba alta.
Un uomo seduto su una panchina, da solo.
Altro che alberi infiniti, qualche pioppo e due betulle, esili. Ha degli occhiali da sole che non sembrano suoi, sono enormi. Fissa il paesaggio impassibile. Non è che ci sia molto da guardare, due bambini che si buttano da uno scivolo, e una madre annoiata che risponde ai fischi del cellulare.
La solita fila indiana di formiche con massi di briciole mi fa solletico alle caviglie, passano indisturbate tra fili d’erba, direzione tana, il mondo vada avanti come gli pare, le formiche continuano per la loro strada, da secoli, così.
Come i Lillipuziani, abitanti dell’isola di Lilliput, a sud-ovest di Sumatra, abbiano potuto legare Lemuel Gulliver dal basso della loro mole di 15-20 cm rimane per ora un mistero, che riscoprirò leggendolo. Intanto Lemuel mi sembra già un nome interessante, dall’ebraico lemuel (che appartiene a Dio), che fine abbia fatto questo personaggio ce lo rivela l’autore stesso, nato nel Nottinghamshire, si è ritirato dopo tutte le sue avventure nell’Oxfordshire, per la precisione a Banbury – nota per il dolce al ribes, il Banbury Cake – ha consegnato i suoi appunti al cugino Richard Sympson, l’alter ego di Jonathan Swift, la fiction nella fiction è planata sulla scrivania di un editore. Oltre i viaggi di Gulliver…
TO BE CONTINUED