L’Aneddoto del Vaso

Mentre carri in maschera stanno per invadere Venezia, qui si studia. Sto leggendo parecchi saggi, alcuni scoraggianti come può essere un mattone di quattrocento pagine con lunghe note in coda al libro. Tra tutti gli articoli scritti, le traduzioni rimangono in pole position –  saluto le professoresse che mi seguono con attenzione da anni, sempre le stesse, e sempre nello stesso ordine, Tempo Divoratore Spunta gli Artigli al Leone di Shakespeare, Scaffolding di Seamus Heaney, a seguire Jenny Joseph – e mi chiedo la poetessa che ama le sorprese si è degnata di mettere il mio nome nella traduzione anziché il suo dopo tutto questo tempo?, l’oceano di Whitman, Spinoza di Borges e Wordsworth.

Inizio quindi la settimana con un componimento di Wallace Stevens, ANECDOTE OF A JAR [1]. Criptico già dal titolo, L’Aneddoto del vaso, con un richiamo indiretto all’ode su un’urna greca del romantico Keats.

Che mi significa direbbe qualcuno?

Come sostiene Stevens la poesia NON va mai spiegata. La traduco.

ANEDDOTO del VASO

 

Ho messo un vaso in Tennessee,

Rotondo era, su una collina.

La natura incolta selvaggia fece

circondare quella collina.

 

La natura incolta salì fin lì,

Si estese tutt’intorno, non più selvaggia.

Il vaso era rotondo su quel terreno

E alto, e un oblò nell’aria.

 

Prese dominio ovunque.

Il vaso era grigio e vuoto.

Non provvedeva a uccelli e arbusti

Come qualsiasi altra cosa in Tennessee.

 

Nelle stranezze della vita c’è l’anima della poesia.

§

[1]

Qui il testo in inglese

ANECDOTE OF A JAR

I placed a jar in Tennessee,

And round it was, upon a hill.

It made the slovenly wilderness

Surround that hill.

 

The wilderness rose up to it,

And sprawled around, no longer wild.

The jar was round upon the ground

And tall and of a port in air.

 

It took dominion everywhere.

The jar was gray and bare.

It did not give of bird or bush,

Like nothing else in Tennessee.

 

 

 

 

 

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