
Quando penso al diario di bordo mi viene subito in mente il capitano Kirk che compila resoconti angoscianti dall’astronave Enterprise, a partire da una remota data astrale…la parola blogger non mi è mai piaciuta, ma apparentemente non esiste una traduzione in italiano, e se esistesse sarebbe una perifrasi: “chi scrive un blog”.
Non si riesce quindi ancora una volta a fare a meno di ricorrere all’inglese.
Siamo in un’era tecnologica dove l’ascolto è necessariamente passato in secondo piano, una Babele di lingue dove tutti si parlano sopra, certi che prima o poi il nostro messaggio arriverà a destinazione, anche se non si sa dove.
A parte i parenti prossimi, non sono ancora riuscita a scoprire l’identità dei miei lettori, espertissimi nel custodire la loro privacy.
Con WordPress, è possibile vedere quale parola compare nel motore di ricerca, e in teoria un elenco di chi ti ha letto. Ogni volta che clicco un link, mi ritrovo sempre dirottata su siti anonimi con indirizzi e-mail che assomigliano a degli algoritmi. L’abilità tecnologica di alcuni miei lettori metterebbe a dura prova il più scaltro degli investigatori, sono sicura che sarebbero tempi duri persino per Sherlock Holmes.
Scoraggiata dall’inizio, ho ormai rinunciato a cercare di decrittare geroglifici incomprensibili, inutile svelare identità che si vogliono nascondere.
Sono invece rimasta piacevolmente colpita dal fatto che ai primi posti, nella classifica degli articoli più letti, oltre agli aggiornamenti settimanali sul mio nuovo giallo, figurano sempre le traduzioni di Shakespeare, Auden, lo spazio dedicato alla poesia.
Ringrazio quindi tutti quelli che continuano a navigare nel mare di Branoalcollo, il viaggio continua, per il resto vale quanto consiglia Oscar Wilde, “bisognerebbe sempre avere qualcosa di sensazionale da leggere in treno.”