Ai cuori che non si ingannano
Ciascuno vede ciò che si porta nel cuore
Goethe
Grazie alle iniziative dell’Atelier Meta-morphic e alle notti creative sul colore, eccoci al secondo appuntamento con le nostre esplorazioni intorno al verde, un colore talmente ricco da risultare quasi scoraggiante per la molteplicità di possibili interpretazioni che lo sottendono.
Secondo la filosofia indiana, il chakra verde, anahata, significa non colpito, non toccato, richiama il suono emesso dal battito del cuore. È un importante centro energetico dove gli yogi percepiscono appunto il suono – shabda – che avviene senza l’urto di due cose tra loro. È la ruota dell’energia del cuore e della circolazione del sangue, anatomicamente corrisponde al plesso solare, e di fatto, quando questo chakra è chiuso, si dice che il cuore è duro e insensibile. Ne consegue che l’apertura di questo vortice energetico, che si trova al centro con tre chakra sopra, azzurro, indaco, viola, e tre sotto, rosso, arancione e giallo, è alla base di ogni rapporto umano soddisfacente e di ogni corretta pratica spirituale. Un colore che contiene in sé il rapporto con l’altro, l’amicizia, le relazioni, l’amore, la compagnia, le relazioni pubbliche, la compassione, i legami affettivi, la sfera emotiva, per certi versi, e in alcuni situazioni, inafferrabile come un miraggio.
Vorrei quindi soffermarmi su questo aspetto sfuggente, raro e affascinante, il rimando indiretto al raggio verde, un fenomeno ottico che è possibile vedere generalmente nelle giornate di estate, quando il sole, sparendo al tramonto, crea un sottile strato debolmente luminoso che nasce e si arresta in pochi secondi. Di solito viene avvertito a occhio nudo nelle giornate chiare, è frutto della rifrazione della luce solare da parte dell’atmosfera, più evidente al tramonto perché i raggi solari radenti attraversano uno strato d’aria più spesso. Il sistema ottico umano si basa proprio sulle diadi rosso-verde e giallo-blu, il che implica che nel punto spaziale e nel momento in cui si vede per esempio il rosso, non si può vedere il verde, e viceversa, e lo stesso vale per la coppia giallo-blu. Quello che otticamente viene chiamato “sfarfallio” si riferisce all’immagine reale osservata, viene associata dal cervello un’immagine fittizia complementare che definisce il fenomeno del raggio verde. Fin dall’antichità varie popolazioni tra cui Caldei, Babilonesi ed Egiziani hanno segnalato il raggio verde senza poterlo spiegare scientificamente. Nemmeno il fisico Newton fu in grado di descriverlo compiutamente.
La letteratura e l’arte come sempre ci vengono incontro, offrendoci ulteriori spunti di riflessione. Al cinema, il tema è stato affrontato dal regista francese Éric Rohmer, con una connotazione suggestiva, la visione del fenomeno ottico coincide con lo sbocciare di una nuova storia d’amore. Liberamente ispirato al romanzo omonimo di Jules Verne, Le Rayon Vert (1882), il film è stato premiato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1986, come ricorda Rohmer:
È meglio vivere sognando un ideale che adattarsi a una mediocre realtà, capisci, e perdere ogni speranza.
Ci troviamo a Parigi, nel mese di luglio, la trasposizione cinematografica racconta la storia di Delphine, giovane impiegata inquieta, quasi trentenne, che non sa dove andare in vacanza. Vaga da Parigi alla Normandia, si sposta in montagna, per approdare infine a Biarritz, splendida località ventosa sulla costa atlantica francese. È qui che osservando il tramonto, incontra il ragazzo per lei, fortunata di assistere al fenomeno del raggio verde, che secondo la leggenda, si dice che aiuti a vedere meglio nel proprio cuore.
Il romanzo di Verne (1828-1905), prolifico autore di storie di fantascienza, tra i più tradotti in lingua straniera, è invece ancora più ricco di riferimenti, non solo per come tratta l’argomento, ma per un’analisi dettagliata delle metamorfosi del verde nel corso dello sviluppo degli eventi.
Lo stile sicuramente risente di una certa pedanteria, tipica di chi si sta inoltrando in territori inesplorati e ha bisogno di crearsi una rete di sicurezza di precisazioni che rafforzino la basa iniziale di partenza, un attraversamento sul verde legato ai moti del cuore.
Ambientato in Scozia, la trama è semplice: trovare un pretendente adeguato a una giovane e bella ereditiera. Una sorta di fiaba avventurosa, in cui i tutori di Helena Campbell, una ricca ragazza di buona famiglia, rimasta orfana, non sono delle fate ma due zii amorevoli, Sam e Sib Melvill, che fanno in modo che la nipote riceva un’educazione impeccabile, e vogliono che sposi un uomo colto e preparato che sappia prendersi cura di lei.
Il romanzo si apre quando la ragazza ha già compiuto diciotto anni, e i due zii stanno per presentarle un possibile pretendente. Helena sembra avere le idee chiarissime, non prenderà una decisione finché non avrà visto il raggio verde, motivata da un articolo letto sul Morning Post che afferma che quel tipo di visione non solo regala uno spettacolo stupefacente, un verde meraviglioso, l’autentico verde della Speranza, ma elimina ogni possibilità di auto-inganno, perché proprio secondo una leggenda antica chi assiste a un tramonto del sole sull’orizzonte del mare e ha la fortuna di vedere un fenomeno così raro – dura solamente un quinto di secondo – non potrà mai sbagliarsi sulle vicende di cuore.
Gli zii si fanno convincere a partire subito per una località con vista sul mare. È il 2 Agosto, la stagione sembra propizia per assistere a uno spettacolo così promettente. Per la nipote scelgono Oban, un luogo a sud-ovest di Glasgow. Informano il pretendente, potenziale fidanzato, un noiosissimo professore tuttologo, un giovane vecchio, Aristobolus Ursiclos, della decisione della nipote e lo invitano a seguirli in vacanza in modo che l’incontro sembri casuale. Già da come viene presentato, Aristobolus ha poche speranze, un ventottenne dall’aspetto insignificante, occhialuto, miope, con una barba che lo rende un po’ scimmione: “se fosse stato una scimmia, sarebbe stato una bella scimmia.”
Appena si imbarcano, Helena infatti non lo degna nemmeno di uno sguardo, preferendogli il paesaggio. Aristobolus ovviamente non ha mai sentito parlare del raggio verde, e le conversazioni si fanno più impegnative del previsto, affidate a una logica scientifica che non lascia spazio ad altro, tutto deve essere dimostrato con teoremi interminabili.
Durante il viaggio, Helena, vede un’imbarcazione che sta per naufragare, avverte il capitano e fa salvare due uomini, un vecchio e un giovane artista, Olivier Sinclair, un pittore di tramonti, e già il nome Olivier, non può fare a meno di riportare in vita il colore verde oliva, un nome di origine normanna, usato molto dall’epica cavalleresca, Oliviero era un condottiero di Rolando, e in Inghilterra, nel XVII secolo si diffuse grazie a Oliver Cromwell, e poi grazie a Charles Dickens e alle avventure di Oliver Twist.
Per salvare Olivier, Helena perde però la prima vera occasione di vedere il raggio verde dalla postazione privilegiata sulla nave, distratta dai soccorsi ai naufraghi.
Una volta arrivati all’agognata Oban, le loro strade si dividono, Olivier torna a dipingere i suoi paesaggi e Helena, scortata dagli zii, e dall’immancabile Aristobolus cerca di trovare il modo per realizzare il suo desiderio. Scopre che per come è posizionata Oban è impossibile poter vedere il raggio verde, devono cambiare località, spostarsi su un’altra isola.
Durante una partita di cricket sulla spiaggia, la boccia di Helena, anch’essa di colore verde, va disgraziatamente a colpire la tela di Olivier, macchiandola rovinosamente. Helena è mortificata, deliziata però dall’incontro casuale ma fortunato. Il ventiseienne Olivier viene presentato come “un giovane ardente…fatto per piacere”, e a questo punto è chiaro che Aristobolus non può competere. La traiettoria segnata dal colpo accidentale della mazza, svela una sorta di premonizione legata al colore verde, palesando il desiderio segreto della ragazza, un incontro del destino, annunciato dalla frase rivelatrice di Olivier: “Anche lei conosce il Raggio Verde!”.
I due giovani, entusiasti di ritrovarsi, organizzano una gita insieme su un’isola limitrofa, ma la visione viene inopportunamente guastata dall’arrivo improvviso di Aristobolus. All’orizzonte nessun raggio verde, solo la vela ingombrante di un pretendente non voluto.
Il raggio verde comincia a trasformarsi lentamente in un’ossessione-fissazione che non trova pace se non nell’inseguimento di quel sogno di desiderio che si trasferisce al paesaggio e ai personaggi:
Sotto quella concentrazione spirituale i colori si trasformavano in un colore unico: il cielo azzurro era verde, le strade erano verdi, le spiagge erano verdi, l’acqua e il vino erano verdi come assenzio…[1]
In breve il verde comincia ad assorbire tutto il loro tempo, una ricerca febbrile e maniacale. Si decide insieme di ripartire per una nuova meta, l’isola di Iona, la terra dei Druidi, escursione a cui Aristobolus non viene invitato. Il punto di svolta arriva nel momento in cui, a bordo della Pioneer, la nave pioniera, Olivier chiede a Helena:
“Non temete di affrontare i pericoli?”
E lei risponde: “No, davvero, non avrei paura. Si può temere ciò che si ammira?”[2]
Aristobolus non vuole arrendersi all’evidenza dei fatti, con la scusa di osservare alcuni campioni minerali, parte anche lui alla volta di Iona. In una delle sue escursioni solitarie, cade a penzoloni, si ritrova sospeso tra le rocce, e viene salvato miracolosamente dal suo rivale Olivier, subendo l’ennesima umiliazione.
Olivier e Helena si appostano in cima a una scogliera, Aristobolus continua a fingere di perlustrare l’isola per conto proprio. Nel momento in cui stanno per assaporare un tramonto propizio del sole sul mare, Aristobolus rovina l’incanto, spara a uno stormo di uccelli e occulta per la seconda volta la visione del raggio verde.
I due giovani non si perdono d’animo, decidono di cambiare nuovamente postazione, spostandosi questa volta su un isolotto che ha tutte le caratteristiche per essere il setting ideale per vedere indisturbati il fenomeno ottico. A bordo dell’imbarcazione Clorinda – nome che significa pietra di colore verde, ma è anche un riferimento letterario indiretto al nome della protagonista della Gerusalemme Liberata del Tasso – si dirigono verso la grotta di Fingal.
Il tempo è davvero inclemente, il capitano li avverte che sta per scatenarsi una forte tempesta e che sarebbe più saggio ritornare indietro, ma Olivier e Helena sono determinati più che mai a restare, non sentono ragioni, chiedono di farsi lasciare sull’isola, e cercano un riparo per la notte dentro una grotta.
A questo punto della storia non può mancare il colpo di scena finale, Helena scompare, trascinata dalle correnti che hanno invaso anche l’interno della grotta, si teme che sia annegata. Olivier sfida le intemperie e la va a cercare, trova Helena nascosta dentro un anfratto, “la poltrona di Fingal”, infreddolita ma incolume.
Mentre i due giovani si guardano negli occhi, felici di essere di nuovo insieme, inaspettatamente gli zii Sib e Sam assistono allo spettacolo prodigioso, il verde riflette una felicità condivisa:
“Abbiamo visto di meglio!” disse a bassa voce la donna. “Abbiamo visto la felicità attribuita all’osservazione del fenomeno; siccome noi l’abbiamo trovata, mio caro Olivier, che ci basti, e lasciamo a coloro che non la conoscono e la vorranno conoscere, la ricerca del Raggio Verde!”
La visione miraggio rende visibile agli increduli, i titubanti zii, una nuova realtà, il coronamento di un sogno, l’esterno diventa specchio di una nuova consapevolezza interiore.
Non ci resta che augurarci che per Aristobolus, valga e sia favorevole una saggia preghiera sufi:
Infrangimi il cuore, così si creerà nuovo spazio per un illimitato amore.
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A Sisterly Production, le immagini dell’articolo sono di Claudia Bonollo
[1] Il Raggio Verde, cit. cap. XII, edizione ebook a cura di Temporelli.
[2] Ibidem, cap. XIII.
È bella questa traslazione intorno al verde artistico/letteraria (e mi paice molto anche tutto il preambolo sul colore che ho letto dall’altra parte). Effettivamente il Verde è un colore che ci circonda sempre, basti pensare alla natura, agli alberi… però è paradossalmente anche un po’ bistrattato, ad esempio in stampa si cerca sempre di evitarlo perchè è difficile da ottenere e rischia di creare problemi nella composizione… anche nella moda che si osa tanto non è molto presente quanto gli altri colori. Io lo amo molto e soprattutto quel verde “erba” che trovo molto luminoso e rassicurante!
Grazie Lois, dicono che non doni molto come colore da indossare, “chi di verde si veste, di sua beltà si fida”, così dice il detto, ma credo sia difficile più per gli abbinamenti, già arduo tra diversi tipi di verde, con il marrone si rischia l’effetto albero..a parte questo, finora negli attraversamenti cromatici, un colore impegnativo, ricco, e per la sua densità e intensità lo amo molto anch’io.
Oggi proprio indosso un maglioncino verde… in sintonia con voi!!! buona giornata
Ohhhhhh. Che bella storia!
Ciao Carla
Grazie
:))
L’ha ribloggato su atelier meta-morphic.