Cor meum, ubi ego sum quicumque sum
Mio cuore, dove io sono chiunque sono (Sant’Agostino, Confessioni, X, 3)
Visto che domani è San Girolamo, patrono dei traduttori letterari, il traduttore automatico che è in me mi obbliga ogni anno a ricordarlo. Niente di grave, passa in fretta, “fai di necessità virtù”, e allora se proprio devo, quattro quadri memorabili del Maestro nel suo studio, così ricchi di dettagli che è un piacere guardarli e ri-guardarli.
Iniziamo con il dipinto di Colantonio con il leone accudito amorevolmente da San Girolamo, il muso del leone lievemente preoccupato per la spina che gli deve essere tolta dalla zampa ma tutto sommato fiducioso, il cappello rosso in basso a sinistra rimanda all’abito cardinalizio, sulla scrivania il libro sempre aperto e gli scaffali in disordine, segno di una frenetica attività di ricerca.

Il secondo è lo studio-casa di Antonello da Messina progettato e realizzato nel Quattrocento, una micro architettura che contiene un piccolo mondo a sé, pieno di libri, oggetti, sculture, piante, un gatto sdraiato, fuori dalla struttura sopraelevata, un pavone in primo piano, la coda dai molti occhi e dai molti colori simboleggia la ricchezza delle possibili interpretazioni della Scrittura, e a sinistra una coturnice in direzione opposta, simbolo di verità, mentre l’amico leone se ne sta tranquillo nell’ombra proiettata dagli archi in successione, in lontananza scorci di paesaggi verdi e orizzonti azzurri incorniciati nelle finestre laterali e nelle bifore in alto, l’interno che si apre al mondo che scorre fuori.

Il terzo è la stanza straordinaria di Sant’Agostino, oltre ai numerosi libri e paramenti liturgici vicino all’altare centrale, sullo sfondo a sinistra un’altra porta svela altri strumenti di lavoro tra cui un astrolabio e un quadrante, domina la scena il cagnolino maltese dallo sguardo docile e attento – razza antica di origine egiziana – un personaggio di tutto rispetto, anche lui testimone di un’apparizione ultraterrena, San Girolamo è il fascio di luce che penetra dalla finestra e che avverte Sant’Agostino della sua imminente ascesa in cielo.

Chiude il trittico, il mio preferito, un esterno quasi domestico, San Girolamo selvaggio in campagna, “studio” all’aperto di Vincenzo Bellini, una panca di roccia in una natura accogliente racchiusa in un ovale, al centro un esile albero di fico, simbolo di redenzione, della conoscenza del bene e del male, in prospettiva un villaggio lontano con delle rovine, l’immancabile libro-Bibbia, e qui scatta il toto-animali, ce ne sono parecchi: un baby scoiattolo in alto sulla zolla d’erba-oasi-giardino con arbusti, un volatile nero che ho notato solo ora su un ramo che sembra interessato ad altro, due lepri che giocano tra loro, una lucertola tra i sassi, e pure il leone, nascosto nell’angolo in basso a destra, sfiorato dalla mano del santo…Buona visione!

Ciao Carla…
ti dirò quello che trovo rappresentato lontano dal mio modo di vedere….è quella di Antonello da Messina.
Freddo, staccato dalla realtà mentre invece un traduttore lo immagino immerso nella conoscenza; un’apertura non indifferente verso ciò che lo circonda.
buona giornata
grazie (mi piace assai questo post)
.marta
Grazie Marta 🙂 Interessante, tu lo trovi distaccato? è un santo immerso nelle sue ricerche, intento a leggere, in uno studio a cui non manca nulla, ci sono pure le piantine, San Girolamo è stato uno dei primi a interessarsi alla dieta vegetariana, con una facciata aperta a noi che lo guardiamo, qui mi piace molto la rappresentazione del leone, libero di circolare tra le architetture…