Che fine ha fatto Carneade?

Carneades Cyrenævs

 

“Carneade! Chi era costui? – ruminava tra sé Don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo[1] aperto davanti quando Perpetua entrò a portargli l’ambasciata. – Carneade! questo nome mi pare bene di averlo letto o sentito; doveva essere un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli, ma chi diavolo era costui?”

Una domanda che più o meno hanno posto a tutti, se non altro a scuola dove si era obbligati a rispondere in modo automatico con “il filosofo di Cirene noto per la sua straordinaria abilità retorica”[2] – punto. Non occorreva aggiungere altro, bastava quello, come se quelle poche parole ci elevassero a un gradino superiore rispetto alla tanto vituperata ignoranza di Don Abbondio, il prete vigliacco per antonomasia, incapace di prendere una decisione, perseguitato dalle minacce dei Bravi, cattivi come il male. Da allora l’abbinamento è stato immortalato in un classico della letteratura italiana, uno stoico destinato a cadere nel dimenticatoio e che puntualmente riaffiora quando si nomina Don Abbondio, in un incrocio perfetto come in un cruciverba.

Sono andata a riguardare una vecchia antologia di filosofia, e la pagina intonsa dedicata a Carneade con nessuna riga sottolineata, ha riconfermato quello che già sospettavo, saltato a piè pari, nemmeno letto, nemmeno invogliata dal titolo del capitolo: “Gli sviluppi dello scetticismo accademico con Carneade.”

A quel punto meritava un po’ di attenzione. Attivo nell’Accademia, non ha lasciato nulla di scritto, il suo pensiero ci è stato tramandato da Cicerone, che ne osannava la sapienza, “Carneades tibi sapiens non videtur?” (Non ti pare che sia sapiente Carneade?) e da Sesto Empirico, filosofo greco antico scettico.

Di che sapienza si tratta? Liquidato in pochi paragrafi, viene presentato come l’autore della celebre dottrina del probabile che si snoda in tre assunti fondamentali:

1) La rappresentazione rispetto all’oggetto è vera o falsa, rispetto al soggetto appare vera oppure falsa. Dato che il vero oggettivo non può essere compreso dall’uomo, bisogna attenersi a ciò che appare vero, il probabile, la “rappresentazione persuasiva semplice.”

2) Dal momento che le rappresentazioni sono collegate tra loro, è più credibile quel tipo di rappresentazione che non viene contraddetta da nessuna contraria, e si ha un tipo di “rappresentazione persuasiva e non contraddetta” che ha un grado maggiore di probabilità.

3) Il livello più alto è invece la “rappresentazione persuasiva non contraddetta ed esaminata da ogni parte”, ossia si aggiunge la garanzia di un metodico esame di tutte le rappresentazioni connesse.

L’unica certezza in Carneade è che non esiste un criterio assoluto di verità, esiste il criterio stabilito da ciò che è probabile.

La svolta arriverà con l’eclettismo, che in greco significa “scegliere e unire”, promosso da Filone di Larissa che ebbe tra i suoi discepoli proprio Cicerone. Filone cercò di superare la contraddizione evidenziata dal discepolo Antioco nella dottrina di Carneade: prima aveva ammesso che esistevano rappresentazioni false che non davano luogo a nessuna certezza, secondo aveva sostenuto che non c’erano rappresentazioni vere che si distinguevano perfettamente da quelle false e che quindi non potevano essere definite certe o non certe. Secondo Antioco le due posizioni si annullavano, se si ammetteva la prima, cadeva la seconda e viceversa. Filone cercò di mediare con una sfumatura in più, sostenendo che non c’erano certezze, ma solo apparenze che ci davano la probabilità. Non pervenivamo alla percezione del vero oggettivo ma potevamo pervenire solo con l’evidenza del probabile. Antioco non ne fu convinto e cambiò rotta.

Personalmente in caso di dubbio continuo a seguire una regola fondamentale appresa dal grande maestro Sherlock Holmes, “conoscete il mio metodo, un sistema fondato sull’osservazione di piccole cose.”


[1] La dottrina di San Carlo Borromeo spiegata da Vincenzo Tasca veneziano, nota all’edizione de I Promessi Sposi, capitolo VIII, pag. 180, Ceschina Editore, Milano 1963.

[2] Nato a Cirene nel 219 a.C. e morto nel 129 a.C. – (un longevo novantenne).

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