Il Fuoco – IV parte

Dimmi come cerchi e ti dirò cosa cerchi

Ludwig Wittgenstein

L’Impero del Silenzio

Stelio con la sua passione totalizzante confonde sempre più la Foscarina, terrorizzata dall’idea di invecchiare e di non essere all’altezza di un giovane amante che non le dà tregua, con la paura di essere presto sostituita da Donatella Arvale, meno esperta ma con una vita davanti. Gli racconta la triste storia della contessa Radiana, reclusa in un palazzo veneziano senza specchi, vittima della sua stessa vanità. Stelio ha altro a cui pensare.

Tornando da un mare in tempesta dal lido, sulla nave il poeta incrocia Richard Wagner, ormai vecchio e malandato con la moglie Cosima e l’amico Franz Liszt. Il musicista si sente male, Stelio insieme al critico Daniele Glauro gli prestano i primi soccorsi e lo accompagnano fino a casa, attraversando Piazza San Marco inondata d’acqua.

Sulle strade verso Rialto, quando ormai i passi sono diventati pensieri, i due amici cominciano a conversare sul rapporto tra musica, intervalli e il ruolo fondamentale del silenzio. Stelio rievoca la figura dell’indovina Cassandra – ci sono due versioni sul mito del suo dono profetico, D’Annunzio sceglie la prima versione, quella che racconta che Cassandra insieme al fratello gemello Eleno si addormentarono nel santuario di Apollo, durante una festa per il compleanno del padre. I genitori ubriachi, si erano dimenticati i bambini nel tempio, per cui Ecuba, il giorno dopo corse al santuario e scoprì con orrore che i serpenti stavano lambendo le orecchie dei bambini, in segno di purificazione. I serpenti scomparvero in un cespuglio di alloro ed Eleno e Cassandra praticarono l’arte profetica…

Tra i meandri delle calli, i due hanno la stessa visione, quindici cadaveri coperti da maschere d’oro su un letto d’oro, tutta la scorta regale uccisa, Agamennone, Eurimedone, Cassandra, improvviso salto temporale in un’altra dimensione lontana eppure così vicina in cui Omero sembra parlargli. È il potere evocativo dell’arte della parola con la rivisitazione del dramma di Perseo. Nel delirio di quella conversazione condivisa arrivano fino a San Giacomo dell’Orio e si ricordano della gesta di Dandolo e della colonna ionica di marmo verde trafugata nella Quarta Crociata.

Tu puoi creare. Che altro cerchi?

In altri tempi avrei forse saputo conquistare un Arcipelago.

Che ti importa? Una melodia vale una provincia. Per un’immagine nuova non cederesti un principato?

Vivere tutta la vita vorrei, non essere soltanto un cervello.

Un cervello contiene il mondo.

Ah, tu non puoi comprendere. Tu sei l’asceta; tu hai domato il desiderio.

E tu lo domerai.

Non so se vorrò.

Sono certo.

Addio, Daniele. Sei il mio testimone. Mi sei caro come nessun altro. [1]

Esaltato da quel promettente incontro crolla tra le braccia della sua Musa, amante e interprete preferita, Perdita, questa volta è lui che vuole scomparire, esausto.

To Be Continued…

§

[1] Il Fuoco, Gabriele D’Annunzio, p. 163

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